Viva l'Italia

Con Michele Placido, Raoul Bova, Alessandro Gassman, Ambra Angiolini, Edoardo Leo e mezzo cast di Boris, si tratta di una di quelle pellicole Made in Italy che tenta di opporsi allo stereotipo del trash all'italiana tipico dei cinepanettoni, tentando di mettere insieme una commedia di qualità in grado di far ridere in maniera brillante. A questo fine arruolati per la causa un buon 50% degli attori di garanzia del genere. Probabilmente all'appello mancano solo Luca Argentero e Paola Cortellesi.
Detto questo partiamo dal presupposto iniziale della vicenda, uno dei peggiori stereotipi dell'italianità nel mondo, là dove vige il favoritismo, la raccomandazione è il principale criterio di scelta e gli altri sono costretti ad arrangiarsi. Tutti questi peccati capitali vengono incardinati in un solo individuo, o principalmente in lui, Michele Placido. O meglio: l'onorevole Spagnolo, al potere da una vita, in grado di estendere la sua influenza in moltissimi ambiti della società, trasversali tra di loro, come presto verranno a capire anche i suoi figli.
Ambra Angiolini, Raolu Bova e Alessandro Gassman sono tre fratelli che più diversi di così non si può, allontanati dalla vita, tornati ad avvicinarsi e volersi bene a causa della malattia del padre. Nulla di realmente invalidante: dopo un ictus una parte del suo cervello ha smesso di rispondere agli stimoli, tutto quello che gli frulla per la testa esce direttamente dalla bocca, senza più filtri, senza più inibizioni. Non è più in grado di mentire e tutto ciò che ha sempre tenuto nascosto, infangato e occultato quale vero e proprio stile di vita improvvisamente viene a galla, compromettendo quella che è la sua immagine pubblica, rischiando di compromettere la sua intera carriera. E quella di tutti gli altri che lo circondano. Unica soluzione trovata è quella di accudirlo personalmente, senza intermediari e senza l'appoggio della moglie, compagna di vita, specchietto per le allodole di una certa morale cattolica propagandata in pubblico dietro alla quale si sono nascosti anni di tradimenti ed adulteri.
Ambra è un'attrice, una di quelle proprio ma proprio cagne, come direbbe il maestro Renè Ferretti, con fastidiosissimi ed evidentissimi difetti di dizione, in grado di lavorare nella fiction italiana ed in ambito pubblicitario solo grazie alle telefonatine del padre. 
Raoul Bova è un medico, una di quelle persone che si è sempre voluta allontanare dalla famiglia e da quello che rappresentava, ambendo a farcela con le proprie forze, preferendo lavorare in un piccolo ospedale bistrattato piuttosto che nella grande clinica di pregio nella quale avrebbe potuto essere inserito senza difficoltà. E' uno che crede nei suoi principi ed è certo di aver portato tutto avanti solo e soltando grazie alla forza di volontà, disprezzando quelli che sono disposti a cedere a compromessi: purtroppo la demenza del padre gli rivelerà delle amare verità, perchè il padre, direttamente o indirettamente, è stato in grado di arrivare là dove non si sarebbe immaginato, rendendolo, di fatto, non più pulito di tanti altri.
Alessandro Gassman chiaramente ha delle bollette da pagare, l'attore intendo, non il personaggio, perchè altrimenti come finisca in certi film per me è un mistero. Il suo personaggio è quello di un amministratore delegato di una grande società che si occupa della distrbuzione di alimenti negli ospedali e che, per questo motivo, in qualche modo è collegato anch'egli all'attività del fratello nel piccolo ospedale sfigatello dove lavora Raoul Bova. Sulla carta è un uomo che non ha da chiedere altro dalla vita: una carriera, una famiglia: una bella casa, una moglie un figlio, modello mulino bianco. Nella realtà all'interno di quella casa si odiano tutti, il figlio rapper ostenta al mondo l'inettitudine del padre, la moglie gli mette le corna ed anche a lavoro, una volta affievolita l'ombra del padre le prospettive di carriera hanno incominciato ad assottigliarsi. Insomma: la sua vita è un disastro ed il motivo principale per cui è così tanto un disastro è la sua incapacità ad inquadrarla come tale, a vedere la realtà dei fatti un palmo più in là del suo naso. Ad aiutarlo in tal senso incontrerà una donna, una delle ultime ruote dell'ingranaggio dell'azienda, addetta alle pulizie o poco più in là, una persona alla quale qualche tempo prima non avrebbe neanche rivolto la parola, una persona della quale non si sarebbe neanche accordo, della quale si innamora una volta rimosse quelle grosse grasse fette di prosciutto che porta sugli occhi.
Grosse fette di prosciutto dagli occhi, in fondo, sono quelle che si sono dovuti togliere un po' tutti dagli occhi, qualcuno si è arreso all'evidenza che è così che le cose sono destinate ad andare, qualcuno ha accettato le conseguenze disastrose di un cambio di rotta. Anche il padre, Michele Placido, alla fine deciderà di andarsi a costituire, raccontare alle autorità quello che nella vita ha fatto e quello che si stava per portare nella tomba, accettando comunque l'idea del cambiamento con la consapevolezza che comunque "il sistema" non è semplicemente il modo in cui vanno le cose, ma qualcosa di sbagliato. Qualcosa che è reato. Una piccola morale alla storia sulla quale, tuttavia, non è il caso di soffermarcisi più di tanto. Non è tratta di un film di denuncia, non era nelle sue intenzioni ed è sbagliato andare a cercarci qualcosa in più di quanto non sia. Comunque una commedia.

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