Shining

Come sia andata che io, proprio io abbia visto Shining ancora non è chiaro. La verità è che nel momento in cui si è deciso do vedere questo film mi hanno detto "se non lo hai ancora visto te la farai addosso". Non è vero, in realtà è stato usato un altro verbo e io, coraggiosa come non mai ho proposto di vedere Ritorno al Futuro. Mozione respinta ma se sono ancora qui a parlarne è solo per una ragione: esprimere la mia opinione su questo film. Fuggano lontano da qua tutti quelli sensibili sull'argomento, i pretesi espertoni e i cineasti della domenica. Dopo aver visto shining posso garantirvi una cosa: shining non è un film dell'orrore, non è un film che fa paura e non ci perderete i sonni ripensando alle scene dei film: shining è solamente un film brutto con delle musiche brutte, ed ora vi spiegherò perchè. Dall'alto della mia competenza in materia.
Breve premessa: io ho già di mio dei vaghissimi problemi con il sonno, con gli incubi e con tutto quello che ne consegue. Se nella mia vita dovessi anche vedere dei film horror ai quali ripensare prima di addormentarmi, mi sembra intuibile capire, che perderei facilmente i sonni ed il lume della ragione in men che non si dica. Per questo motivo tendo ad evitare tutto questo filone cinematografico. Ma chiudo gli occhi anche davanti a certe scene di Grey's Anatomy, giusto per quantificare la soglia della mia impressionabilità.
Partiamo dall'inizio: la storia. Lui, scrittore con dei capelli brutti. Gli offrono un lavoro da guardiano di un hotel chiuso ed abbandonato in una regione sfigata nella quale, per sei mesi all'anno, sostanzialmente, non va mai nessuno. Lo scopo sarebbe dovuto essere quello di stari lì dentro, fare in modo che nulla andasse in rovina, far funzionare gli impianti, tenere in ordine e cose di questo genere. Il problema è che questo hotel si trova in una zona talmente sfigata anche dal punto di vista climatico che, una volta che inizia a nevicare, l'albergo diventa del tutto isolato dal mondo. "No problem" dice lui: un po' di isolamento gli serve giusto giusto per finire il suo romanzo. 
Ovviamente non è finita qua: questo hotel è minato da due ingenti problemi ai quali nessuno fa menzione al momento: 1) l'isolamento totale ha fatto impazzire più di uno dei precedenti "guardiani" e, 2) è costuito su un antico cimitero indiano. Ed alla sola menzione al cimitero indiano ci sarebbe stato da chiedersi cosa diavolo ci faccia un albergo sopra e fuggire a gambe levate... ma no. Perchè noi siamo coraggiosi e non ce ne frega assolutamente niente pfff!
Il protagonista, quindi, con sprezzo del pericolo prende tutta la sua allegra famigliola e parte per la culonia senza alcuna remora.
Analisi preliminare degli altri protagonisti: la moglie è molto brutta e si veste male, il figlio è chiaramente sballato come una bussola. Parla con un amichetto immaginario (e fin qua non ci sarebbe neanche qualcosa di eccessivamente strano) che risiede nella sua bocca (questo è strano) e parla attraverso il dito (molto strano) e, ciliegina sulla torta, vede i morti. Lui, non l'amico immaginario. Vede gente morta ovunque: morti del passato, del presente, del futuro: e mica morti di morte naturale. Rivive (o prevede?) uccisioni drammatiche, catastrofiche, sanguinose. Roba da far venire la pelle d'oca. Eppure, i due genitori modello, invece che prendere questo bambino e portarlo da uno bravo, da uno psicoanalista o rinchiuderlo in una gabbia, lo portano in questo albergo in culonia dove incontra un uomo che gli spiega, più o meno chiaramente, in cosa consiste la sua patologia. Perchè è così: sei sopra ad un cimitero indiano ed uno sconosciuto si rende conto, meglio dei tuoi stessi genitori, quale sia la tua patologia che tanto ti fa soffrire. La luccicanza. Che poi sarebbe la maldestra traduzione dello shining del titolo, ma su questo credo che tirerò su un velo pietoso. Sta luccicanza non è che sia spiegato bene esattamente cosa sia ma anche di questo ce ne dobbiamo fare una ragione. Unica preoccupazione di questo soggetto non è quella di informare i genitori di cosa stia vivendo effettivamente il figlio, giusto per aprire loro gli occhi già che a quanto pare ne sa più di loro, ma da raccomandazioni al piccoletto di non entrare mai nella stanza 237. Come se questo fosse il maggiore dei problemi.
Questo insano soggetto quindi parte per tornarsene a casa mentre l'allegra famigliola si mette al lavoro.
Le cose vanno più o meno in questo modo: mentre il marito sta chiuso dalla mattina alla sera in una enorme stanza vuota a far finta di scrivere un libro che non riuscirà mai a scrivere e lagnadosi moltissimo della mancaza di ispirazione offerta da quel luogo, il figlio gira tutto il giorno per i corridoi con un triciclo, mentre la moglie si fa un culo a capanna facendo tutti i lavori che sarebbero dovuti in realtà, originariamente, essere fatti dall'uomo che ha accettato il lavoro. Ma vabbè. 
Fuori dalla finestra, nel frattempo, inizia a nevicare e la situazione degenera di brutto. Lei tenta di avere un contatto umano parlando con il marito, ma lui la minaccia con una mazza di baseball... e lei non si fa nessuna domanda a riguardo. Ci riprova con il telefono, ma le linee sono isolate. Gioca quindi con una radio e riesce a parlare con un soggetto che non coglie assolutamente il fatto che lei stia tentando di dare vita ad una conversazione ma taglia corto per continuare a non fare quello che già prima non stava facendo. Probabilmente dipendente pubblico. 
Alla donna non riesce altro da fare che tornare a parlare con il marito che, nel frattempo, non ha ancora iniziato a scrivere una sola riga del suo grande romanzo e vede gente morta al bar, facenda che ci lascia intuire il fatto che il bambino sia proprio figlio suo. Non c'è bisogno di un test di paternità, i dati sono inconfutabili: da qualcuno doveva pur aver preso e questo qualcuno è proprio il padre. Giunse quindi il momento della verità, quello in cui lui rivela del tutto la sua natura, quello in cui la moglie finalmente capisce con chi ha a che fare e tenta di porvi rimedio. 
In un momento di lucidità va a scartabellare tra le bozze del romanzo che il marito sta scrivendo e scopre che in realtà ha scritto solo una frase, a ripetizione. Non che la cosa sia del tutto normale ma lei si inquieta tantissimo, forse realizza che una volta tornati a casa loro non avranno modo neanche di pagarsi le bollette o chi lo sa. Per questo impugna una mazza da baseball e quando vede il marito con quella insana acconciatura inizia ad indietreggiare. Arrivano fino ad una scalinata, lui spara sempre più frasi a caso e lei fa l'unica cosa sensata mai fatta dall'inizio del film: lo colpisce con una mazzata in modo tale che lui cada e perda i sensi. A quel punto avrebbe potuto essere altrettanto sensato chiuderlo nella cella frigorifera o legarlo perchè non si muovesse più fino alla fine dei suoi giorni, ma si è limitata a chiuderlo in una dispensa dalla serratura piuttosto complicata.
Fino a questo momento le scene del film non è che siano state paurose ed inquietanti. Abbiamo visto delle bambine stese al suolo, qua e là macchiate di sangue, ma da lontano, molto lontano, tanto che abbiamo avuto modo di capire che erano morte ad accettate solo perchè c'era un accetta abbandonata al loro fianco. Abbiamo visto un irreale, forse metaforico, fiume di sangue (chiaramente vino rosso) uscire dall'ascensore ed invadere i corridoi, e poi c'è stata la vecchia nuda. Forse l'elemento meno adatto agli stomaci delicati. Roba che anche a Grey's Anatomy, veramente le scene sono più realistiche. Ad aumentare il patos in effetti non garantito dalle solo immagini, l'idea è stata quella di aggiungere qua e la delle musiche (o forse sono solo suoni?) che avrebbero dovuto inqueietare lo spettatore. Il problema è che sono musiche solo molto brutte e fastidiose. Non inquietanti. Avessero messo la registrazione del trapano del dentista certamente avrebbero avuto più successo. 
E' esattamente da questo momento in poi, quindi, che sarebbe dovuto sfogarsi il vero apice della paura e... no vabbè. 
Non si capisce come, e non è stata solo una mia distrazione nella visione del film, lui riesce ad uscire dalla dispensa. Ma la cosa non ha senso, perchè nella casa non c'è nessun altro e la porta non si apre dall'interno. Solo che diversamente il film sarebbe finito così con un happy ending... e non era questo lo scopo. Rendendosi conto di aver combinato un pasticcio nella stesura della storia, il nostro caro protagonista insano di mente viene quindi ricollocato, a caso, lungo i corridoi dell'albergo con un'ascia in mano. Lei tenta di fuggire, ma le porte non si aprono mai troppo in fretta, e le finestre sono sempre troppo piccole per passarci. Riesce a far uscire il figlio (il quale non trova soluzione migliore di quella di andare a nascondersi in un labirinto, ma di questo parlerò tra un po') e sembra accettare con una certa disinvoltura la prospettiva di essere fatta a fette come un salame felino da quel matto di suo marito. Lui è il genio del male: con l'ascia apre un varco nella porta, ma non gli passa per la mente che può anche buttarla giù del tutto. Lei riesce a ferirlo leggermente alla mano con il coltello che ha tra le mani e, magicamente, lui decide di desistere. Ma cos'è questa roba? Per un graffietto? 
Mentre lui si allontana e continua a girare per l'albergo per motivi a caso, lei ci mette 10 minuti a riprendersi e capire che può anche tentare di fuggire. Complimenti per il tempismo. Ovviamente lui aveva già fatto fuori la radio con la quale sarebbe stato possibile chiedere aiuto e reso inservibile il gatto delle nevi con il quale tentare la fuga dall'albergo... invece di correre più lontano che si può a piedi e non tornare indietro mai più, Lei, nota faina, rientra in albergo dove, nel frattempo, il marito ha già fatto a fette il tipo che gli aveva lasciato l'albergo e aveva spiegato al bambino cosa fosse la luccicanza che, nel frattempo, aveva intuito che da quelle parti stesse accadendo qualcosa di brutto e ha attraversato la nazione per andare in loro soccorso. Questo era quindi il momento del figlio: inseguito in giro per l'albergo (dopo che anche lui, genio!! è rientrato dalla porta dopo essere uscito dalla finestra) e poi nuovamente all'esterno dentro al labirinto (di cui si era già parlato sopra). 
Ed è proprio questo il momento in cui, finalmente, dopo un'ora e mezza di film, qualcuno dimostra di avere un po' di sale in zucca, di non muoversi come un deficiente in giro per l'albergo in attesa che accada qualcosa di abbastanza brutto da giustificare l'esistenza stessa del film. E all'inizio di tutta questa vicenda, se posso dirlo, mai avremmo immaginato che fosse il più furbo della situazione: il figlio. Quel dannato bambino che parlava con un dito riesce a fare in modo di sfuggire al padre tornando indietro sui propri passi sulla neve e sviandolo cancellando le tracce del proprio passaggio e, in questo modo, finalmente un'altra volta, ponendo una conclusione a tutta questa situazione.
In definitiva, per riassumere brevemente quello che ne penso: le musiche sono brutte, non inquietanti, non cariche di suspance, non in grado di tenere alta la tensione dello spettatore. Solo brutte. La trama non ha senso. Ha delle lacune evidenti sulle quali si passa con nonchalance. Gli elementi che dovrebbero far paura, in breve, non fanno paura. Io posso comprendere che questo film ha ormai più di 30 anni e quello che faceva paura 30 anni fa, magari, oggi non è più in grado di impressionare. Banalmente perchè oggi siamo abituati a cose ben peggiori, perchè la tecnologia ha fatto tanti di quei passi avanti che anche le peggio boiate riescono ad essere più realistiche e, all'uso, più impressionanti. Però la scena del fiume di sangue che sgorga dagli ascensori... esattamente, cosa mi dovrebbe rappresentare? Al di là del fatto che è evidentemente vino rosso o salsa di pomodoro... ma un fiume? Neanche in un mattatoio esce così tanto sangue. E poi il sangue non fa paura. Magari fa schifo, a volte ribrezzo, dipende dalle occasioni, ma non fa paura. Via di seguito con la vecchia della vasca da bagno e le gemelle che ti fissano in mezzo al corridoio.
La cosa che se posso permettermi è più figa dell'intero film è la moglie. Che è molto brutta, da nessun punto di vista potrebbe essere considerata figa, però a modo suo lo è. Lo è perchè è, fra tutto quello che abbiamo visto, l'elemento più reale e realistico. E' una donna normale, non particolarmente bella, non alta, filiforme o magnetica... ed è spesso sciatta, mal vestita, conciata male mentre lavora e con i capelli sporchi dopo una giornata di lavoro. Non sta in mezzo al nulla ben vestita e non lavora con i tacchi a salvaguardia della sua dignità di donna, roba alla quale nessuno crede veramente, perchè quando siamo a casa da sole, nel segreto delle nostre camerette, stiamo con il pijamone, inutile negarlo. E nel momento in cui reagisce all'aggressione del marito: l'attimo più alto. Non la vediamo composta, pronta a reagire, meditativa: è spaventata, atterrita dall'idea di quello che sta per accadere. Le tremano le mani ma cerca di fare tutto quello che è possibile fare. E' goffa e la vediamo piangere. Non ha reazioni esteticamente piacevoli alla vista: la faccia si arriccia mentre piange, non mette le mani in faccia per coprirsela... perchè nessuno la sta guardando. E' sola, nel suo bagno con la sua paura. Quando corre, non lo fa in maniera composta, con gesto atletico: il suo corpo si muove in maniera senza senso nel tentativo di raggiungere nel modo più veloce possibile il figlio, per fare qualcosa per lui. Ha un coltello in mano, sta correndo con un coltello in mano: non è normale farlo, non lo fa con naturalezza. Ecco: Lei si che mi è piaciuta.

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