Emmaus - Alessandro Baricco

Qualche tempo fa ho assistito a 'che tempo che fa' all'intervista di Alessandro Baricco. Ne conoscevo il nome ma di lui giusto quello. Non aveva mai avuto modo di vederlo in faccia e mai mi era capitato di scontarmi con qualche suo romanzo: eppure, in quel caso, sono stata rapita dalle sue parole, dal modo di descrivere la sua opera già a partire dalla deliberata scelta di lasciare la copertina completamente bianca ed evitare anche l'usuale pratica di mettere la foto sul retro. Già non era male: qualcuno che si rende conto che a volte è meglio tacere! Alla fin della fiera il libro, quello che stava promuovendo, me lo sono comprata. Alla base c'è una storia anche abbastanza inutile, un po' scabrosa, a tratti scene che avremmo anche potuto semplicemente immaginare anche se l'autore ci avesse risparmiato i dettagli, ma quello che è veramente interessante (non azzardo certo a dire 'unico') è quel contorno di “paragone tra diverse realtà” che inevitabilmente è la vera base di tutto e che ho l'impressione di vedere ogni giorno in molto quello che mi circonda.
Al di là delle nostre consuetudini, in un iperspazio di cui non sappiamo quasi nulla, ci sono quegli altri, figure all'orizzonte. Ciò che balza all'occhio è che non credono – apparentemente non credono a niente. Ma anche una certa dimestichezza col denaro, e i riflessi luccicanti dei loro oggetti e dei loro gesti. Probabilmente sono semplicemente ricchi – e il nostro sguardo è lo sguardo dal basso di ogni borghesia colta nello sforzo dell'ascesa.
Questa è una delle frasi che mi ha colpito di più. Rileggendola l'immagine che subito mi viene in mente è quella di una normale lezione all'università, tutti abbiamo le stesse sedie, tutte in fila, alcune anche imperniate al pavimento (sarà per paura che ce le possiamo portare a casa?) eppure è palpabile una certa distinzione tra le nostre file e quelle degli altri, al di là delle nostre consuetudini ci sono quegli altri quelli che chiamiamo “i figli di papà”, quelli che arrivano puntualmente con un minuto di ritardo a dimostrare il fatto che non hanno tempo di attendere niente e nessuno, che non indossano una felpa e un paio di Jeans, ma, quando va bene, camicia firmata (e siglata) e maglioncino di cashmere. Loro hanno il papà avvocato, o notaio, o professore, o qualche altra professione che non prevede l'uso di mano d'opera se non per firmare ed incassare assegni, sanno quello che faranno “da grandi” da sempre e forse perchè loro sono nati già grandi. Non hanno paure, timori ma sole certezze. Non credono – apparentemente non credono a niente. Il luccichio che giunge fino a noi sarà quello delle scarpe di vernice con cui si presentano agli esami o dei quadranti dei loro orologi. Guardare loro ti fa sembrare qualsiasi cosa molto più semplice di quanto non lo sia per te... anche se quello che fate è la stessa identica cosa. Ma in fondo è vero probabilmente sono semplicemente ricchi...e il nostro sguardo è quello di chi sotto non ha un cuscino di piume d'oca per parare le cadute, ma ha investito il tutto e per tutto in quello che sta facendo, chi sa che per arrivare ad una conclusione deve farlo con le proprie forze, senza alcuna corda che pari le scivolate o faciliti la salita nella speranza che “arrivare” non si riveli un'altra cocente delusione.
Noi, il tragico non ce lo possiamo permettere, forse un destino nemmeno. Da lontano, noi li lasciamo passare nei nostri occhi, e poi talvolta nei pensieri. Può anche succedere che nel suo liquido assestamento quotidiano la vita ci porti a sfiorarli. Nelle loro famiglie muoiono spesso senza aspettare la vecchiaia, come impazienti […] Noi moriamo, ogni tanto, loro sono assassini e assassinati. […] Nelle famiglie di quelli là nonni in completo di sartoria penzolano tragici da travi cui si sono appesi per intervenuti dissesti finanziari.
In conclusione, mi trovo a consigliare la lettura di questo libro ma non a qualcuno dei “nostri” che tutto questo lo conosce già, ma agli “altri” a cui forse forse è sfuggito qualcosa. Buona lettura.

Noi lo vediamo, è difficile dire se lui ci veda mai.
Probabilmente non conosce neanche i nostri nomi.

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